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La storia del giapponese (nona parte) – L’influenza dell’olandese

31 Gennaio 2018 6 Commenti Giapponese, Kanji

Nona parte della storia del giapponese, la serie di articoli scritti da Bai Jiali. In questo articolo vedremo come la lingua olandese ha influenzato il giapponese. Buona lettura! Gli articoli precedenti della serie: prima parte, seconda parte, terza parte, quarta parte, quinta parte, sesta parte, settima parte e ottava parte.

Ciao a tutti! Mi scuso tantissimo per il ritardo con cui scrivo sempre gli articoli di questa rubrica!

In questo articolo scopriremo alcune innovazioni che hanno influenzato la lingua giapponese, sia dal punto di vista grafico che da quello della lingua parlata, nel corso del periodo Edo (江戸時代, 1603-1868), cioè dalla chiusura del paese all’influenza straniera alla riapertura forzata voluta dagli americani.

Anche dal punto di vista culturale, questo periodo è stato importantissimo: la cultura giapponese, limitando fortemente gli influssi esterni, ha riscoperto le proprie radici, creando un filone storico, religioso e filosofico chiamato 国学 (kokugaku, “studi nazionali”). La società giapponese è diventata inoltre più mobile, infrangendo le caste legate allo stato sociale dei genitori che, almeno in teoria, continuavano ad esistere. Questa mobilità sociale ha portato, alla fine del XVIII secolo, alla nascita di una vera e propria cultura di massa.

Ma facciamo un passo alla volta.

I rangaku e l’influenza dell’olandese

Nel periodo Edo, gli olandesi erano gli unici europei ammessi in Giappone, peraltro in numero limitato e senza la possibilità di lasciare l’isola di Dejima (出島, “isola di uscita”), formazione artificiale costituita per questo scopo. Gli olandesi, a differenza di portoghesi e altri europei, non avevano intenzioni coloniali o missionarie, ma solamente commerciali. Questo li rese i favoriti agli occhi dei giapponesi.

Oltre a molta merce preziosa e opere d’arte provenienti dall’Europa, in Giappone furono anche importati libri europei, principalmente opere scientifiche. La traduzione e lo studio di questi testi, e l’integrazione delle nuove conoscenze nel patrimonio giapponese, ha preso il nome di rangaku (蘭学), dove il ran sta per 阿蘭陀 (おらんだ, Oranda), cioè l’Olanda. In quel periodo “olandese” significava “occidentale” o “straniero”.

Dal rangaku molte parole dall’olandese sono state integrate nella lingua giapponese. Molte di queste sono state tradotte con dei kango creati ad hoc, come 時計 (とけい, tokei), che significa “orologio”, è anche una delle (relativamente) poche parole ancora nell’uso comune. Altri termini relativi alla scienza e alla tecnologia sono ormai obsoleti, come 遠鏡 per “telescopio “o 解体 per “dissezione” (attualmente significa “demolizione”).

Traduzione giapponese di un testo di medicina dell’epoca

Molti termini relativi alla chimica sono stati coniati da Udagawa Yōan (1798-1846), e ancora in uso, come 酸化 (sanka) per “ossidazione”, 還元 (kangen) per “riduzione” o 元素 (genso) per “elemento chimico”.

Ci sono state inoltre molte parole prese direttamente in prestito dall’olandese, molte sempre legate all’ambito tecnico o scientifico, come エレキテル (erekiteru, “generatore elettrostatico”), dall’olandese “elekiter”. Ci sono anche parole relative a oggetti di tutti i giorni assenti in Giappone, come コーヒー(koohii, “caffè”, tuttora in uso), シロップ (shiroppu, “sciroppo”) o anche ガラス (garasu, “vetro”, dall’olandese “glas”), che prima indicava solamente i vetri delle finestre, ma che poi si è generalizzato a indicare la sostanza, finendo per soppiantare il kango 玻璃 (はり, hari, che a sua volta veniva dal sanscrito).

Non mancano inoltre prestiti relativi al campo nautico (come マスト, masuto, albero), medico (インフルエンザ, infuruenza, influenza) e così via.

La scrittura si adatta alla cultura di massa

Come ho già detto prima, nel tardo periodo Edo ambiti che in precedenza erano riservati esclusivamente a un’élite ristretta (come la letteratura) si aprono alle masse, dando inizio a una produzione letteraria molto vasta chiamata yomihon (読本), letteralmente “libri da leggere”, in contrasto con quelli di nozioni pratiche o da recitare. Fra gli yomihon ci sono romanzi di tema epico e racconti di tono scherzoso e satirico.

L’immensa popolarità di questi testi ha fatto sì che nascesse la necessità di un sistema di scrittura accessibile ai più, cosa resa impossibile, in assenza di un sistema di istruzione adeguato, dall’altissimo numero di caratteri cinesi. Ecco che i furigana, apparsi anche in precedenza, sono diventati parte integrante dei testi, non sono annotazioni apposte su parole rare.

Oltre ai furigana, anche il dakuten (il simbolo ゛) e lo handakuten (il simbolo ゜) hanno iniziato a essere usati con maggiore frequenza, anche se la loro presenza è diventata un obbligo solo a partire dall’epoca Meiji. Prima di allora, infatti, una parola come 山川 (やまがわ, yamagawa) poteva anche essere scritta やまかは (yamakaha). Ovviamente a un non madrelingua giapponese può sembrare molto difficile riuscire a leggere un libro senza dakuten e handakuten, sicuramente lo era per la maggior parte della popolazione, ed è proprio per questo motivo che hanno iniziato ad apparire con frequenza sempre maggiore in questo periodo.

Qualcuno si potrebbe chiedere perché in やまかは l’ultimo kana non è un わ (wa). Questo è un effetto della cosiddetta rekishiteki kanadukai (歴史的仮名遣い), ossia una convenzione grafica abbastanza complessa, di cui parlerò più avanti.

Nel prossimo articolo, invece, vedremo come l’esposizione forzata del Giappone all’Occidente a partire dal 1867 abbia trasformato ulteriormente la lingua giapponese.

Immagini: Wikimedia Dejima, Wikimedia Rangaku

Questo guest post è stato scritto da Bai Jiali.
La sua passione per la Cina è nata leggendo “Viaggio in Occidente”. Dopo aver approfondito la letteratura e la cultura di questo paese, ha deciso di dedicarsi allo studio del cinese. Attualmente studia anche il giapponese.

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6 commenti

  1. Lorenzo C.

    31 Gennaio 2018

    Grazie del bell’articolo

    • Gabriele

      5 Febbraio 2018

      Sono contento ti sia piaciuto ^_^

  2. Gianluca Girelli

    2 Febbraio 2018

    Ormai è qualche mese che seguo il blog e studio costantemente il giapponese. I primi apprezzabili risultati si vedono e questi articoli aiutano ad espandere l’orizzonte.

    • Gabriele

      5 Febbraio 2018

      Pensa, anch’io è qualche mese che ho iniziato effettivamente a studiare il giapponese! 頑張ってね!

      Sono contento ti sia piaciuto l’articolo!

  3. roberta

    16 Maggio 2018

    ciao =) potresti dirmi che fonti hai utilizzato per la stesura di questo articolo?

    • Gabriele

      29 Maggio 2018

      Ciao!

      A dire il vero non mi ricordo con certezza le fonti. La parte storica viene dalle lezioni all’università che ho seguito, mentre le liste delle parole le si trovano su diversi siti (anche Wikipedia).

      Per qualche maggiore informazione sulla letteratura popolare un buon sito è questo:
      http://www.kakekotoba.com/
      in cui sono tradotti alcuni brani tratti proprio dalla letteratura popolare del periodo Edo (nonché altri testi classici come il Konjaku Monogatari).

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