Porco Rosso
Quinto appuntamento con la rubrica dei film dello Studio Ghibli di Bai Jiali, questa volta è il turno di “Porco Rosso”. La recensione è priva di spoiler. Buona lettura!
Saluti a tutti! È da un sacco che non scrivo per questo blog, sia la mia serie di articoli con curiosità sui caratteri cinesi sia questa sui film dello Studio Ghibli sono in stallo da fin troppo tempo. Finalmente ho deciso di rimboccarmi le maniche e di ricominciare a scrivere. La serie sui caratteri cinesi la rivedrete presto, oggi invece ci dedicheremo a “Porco Rosso” (紅の豚), film di Hayao Miyazaki del 1992.
La storia è ambientata nel ventennio fascista, prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Marco Pagot è un asso dell’Aeronautica militare italiana che, dopo un incidente non menzionato nella Grande Guerra, si è ritirato su un isolotto sperduto nel bel mezzo del mare Adriatico, guadagnandosi da vivere dando la caccia ai contrabbandieri della zona con il suo idrovolante scarlatto.
Questi ultimi ingaggiano un altro asso dell’aviazione, l’americano Donald Curtis che riesce, in uno scontro aereo all’ultimo sangue, a far precipitare il velivolo di Marco, costretto ad andare a Milano per farlo riparare.
In questo modo comincia la trama surreale e complessa del film, che comprende l’infatuazione del protagonista verso Gina, la proprietaria di un albergo che funge da rifugio per gli avventurieri dei cieli; le avventure di Marco con Fio, figlia del meccanico riparatore dell’idrovolante; lo scontro con i fascisti per le ideologie anticonformiste del protagonista; le sfide aeree con Curtis e infine il mistero che avvolge la misteriosa trasformazione di Marco in maiale a seguito dell’incidente nella Grande Guerra.
Commento
Il caro Miyazaki ama l’Italia, è innegabile: ogni suo film porta con sé almeno un pezzetto del nostro Paese, persino nei film di cui non è stato il regista, come “Arrietty” (仮ぐらしのアリエッティー), ha riferimenti all’Italia (il protagonista legge “La Divina Commedia”). Questo film, basato su una serie manga scritta dallo stesso Miyazaki, ha permesso al regista di scatenarsi nella sua passione e il risultato ne giova molto: non solo ogni singolo elemento storico è perfettamente accurato e preciso, dagli idrovolanti all’architettura di Milano, anche le scritte sono in italiano.
I refusi che noi italiani possiamo leggere sono per me un prezioso promemoria che questo si tratta di un film per giapponesi scritto da un giapponese, un giapponese che però ce l’ha messa tutta nel ricalcare ogni aspetto del Paese che tanto ama. Anche molte atmosfere ci risultano familiari e sembra davvero di stare in Italia, a differenza che in tante altre opere giapponesi dove l’ambientazione è occidentale solo perché di moda (ho fatto un discorso simile per Kiki, ricordate?).
Allo stesso tempo però, il film ci presenta un’ambientazione aliena alla nostra quotidianità (è un po’ il compito di ogni film storico che si rispetti), popolata da eroi simili a cavalieri medievali che lottano per questioni d’onore, senza aver paura di uccidersi, anche se magari cinque minuti prima stavano bevendo una birra insieme al bar di Gina. Questo insieme situazioni e valori che possono sembrarci strane o irrealistiche è una delle punte di diamante del film, e lo rendono davvero affascinante.
Il protagonista è un personaggio davvero interessante: cinico e brusco, che cerca di riempire con il sarcasmo il vuoto si sente dentro. Vorrebbe essere se stesso ma vive in una società totalitaria che non sa far altro che omologare e spersonalizzare – la sua frase “Meglio maiale che fascista” è celeberrima.
Un protagonista che appare spavaldo, ma che prova anche un grande senso di insicurezza verso se stesso e che si è chiuso agli altri dopo la sua trasformazione, il vero tema che tira i fili della trama del film. Insomma, un protagonista di tutto rispetto che ho adorato al pari di Kiki, e che sorpassa di molto i protagonisti di “Il castello del cielo” e del successivo “Il castello errante di Howl”.
Ho anche apprezzato il classico tema del volo, onnipresente in Miyazaki (escludendo “La principessa Mononoke”), centrale più che mai in questo film, anche per questioni meramente di trama.
Realizzazione tecnica
Non ho molto da dire su questo tema: i disegni sono molto simili a quelli di Kiki, e sono perfetti, specie nei fondali, a tratteggiare l’ambientazione marittima del film, anche se lo stile con cui sono disegnati i personaggi è più caricaturale del solito, e deve di più ai cartoni animati occidentali che agli anime. Non è un caso, ovviamente, ma un ulteriore omaggio all’animazione nostrana.
Sulle musiche, anche qui basti dire che il solito, ottimo Joe Hisaishi ha composto gran parte della colonna sonora, ma la parte del leone la fa la bellissima “Toki ni wa” (時には), una delle mie canzoni preferite dello Studio Ghibli.
Voto finale
Bellissimi personaggi, un bellissimo messaggio, atmosfere perfettamente rese, dal drammatico al comico, animazioni ottime… come potrei dare a questo film meno di un bel 甲? A proposito, vi ricordate del sistema di votazioni?
Spero che la recensione vi sia piaciuta, fatemi sapere nei commenti! Sono molto curioso!
La prossima sarà la volta di “Pom Poko“, vedrete che ci sarà parecchia carne al fuoco…
Questo guest post è stato scritto da Bai Jiali.
La sua passione per la Cina è nata leggendo “Viaggio in Occidente”. Dopo aver approfondito la letteratura e la cultura di questo paese, ha deciso di dedicarsi allo studio del cinese.
Immagini: © Studio Ghibli
2 commenti
19 Maggio 2015
Bellissimo film, uno dei miei preferiti !!
Col passare del tempo non ci si stufa di vederli, è incredibile: posso quasi certamente dire che, anche quando sarò vecchia, probabilmente li guarderò con qualche nipote xD
Grazie per la recensione !!
24 Giugno 2015
Grazie a te del commento :D
Nemmeno io mi stuferei mai a rivedere questo film!