Imparare e migliorare la pronuncia in giapponese (+ funzionamento pitch accent)
La pronuncia in giapponese sarà anche facile ma arrivare al livello di una persona madrelingua richiede tempo, esercizio e molto, molto ascolto. Ci sono però degli accorgimenti che puoi adottare per migliorare subito la pronuncia.
La pronuncia che prendo in considerazione è quella del giapponese standard parlato a Tokyo, potrebbero esserci delle variazioni di pronuncia in altre zone del Giappone.
Prima di iniziare leggere l’articolo ti consiglio di aprire Forvo e WWWJDIC per cercare ed ascoltare la pronuncia delle parole che tratto nell’articolo. Purtroppo solo con lo scritto non posso dare l’idea della pronuncia effettiva.
Per comodità ho riportato la scrittura in romaji a ogni parola giapponese, di norma però il giapponese non è mai scritto in lettere. Se vuoi iniziare con lo studio del giapponese parti da hiragana e katakana.
Le basi
In giapponese tutte le sillabe sono composte da una consonante e una vocale, non esistono consonanti singole a parte ん. Ognuna di queste sillabe ha la stessa lunghezza, viene impiegato lo stesso tempo per pronunciarle. Più che di sillaba bisogna parlare di mora, l’unità minima che corrisponde ad una sillaba breve.
In giapponese ha durata di una mora:
- una sillaba
- una vocale singola
- le sillabe composte con y (きゃ, きょ, びょ…)
- la n ん/ン
Quindi la parola あか (rosso) ha due more (a-ka), mentre あおい ne ha tre (a-o-i), così come にほん (Nihon, Giappone), viene impiegata una mora in più per pronunciare la seconda e la terza parola.
Per capire meglio come funziona la mora e se impieghi lo stesso tempo a pronunciare ogni parola, prova a scandirle battendo le mani (per esempio clap-clap per a-ka). Tieni lo stesso tempo tra un battito e l’altro e prova a pronunciare ad ogni clap una mora.
Richiedono due more:
- le vocali allungate
- le lettere doppie
Ogni vocale che segue un’altra vocale oppure il piccolo つ che precede la sillaba da raddoppiare vale una mora. おはよう (buongiorno) ha 4 more (o-ha-yo-u), 牛乳・ぎゅうにゅう (latte) ne ha 4 (gyu-u-nyu-u), 待って・まって (aspettare) ha 3 more (ma-っ-te).
Nota sulle vocali allungate: per allungare お si usa う (per cui おはよう si legge ohayoo), per allungare え si usa い (per cui 先生・せんせい si legge sensee), a parte qualche eccezione.
Attenzione a pronunciare bene ogni allungamento di vocale, una vocale può fare la differenza tra una parola e l’altra: おばさん (obasan, signora) e おばあさん (obaasan, nonna) si differenziano solo per una あ.
Vocali
Le vocali in giapponese sono 5 (あ a, え e, い i, お o, う u) e vengono pronunciate esattamente come in italiano. C’è da aggiungere però che le due vocali い e う spariscono spesso all’interno delle parole.
Ad esempio です (desu) e 〜ます (masu) vengono pronunciate rispettivamente come des e mas, でした (deshita) e 〜ました (mashita) invece come deshta e mashta. Quando spariscono e quando no? Dipende dalle parole, non esiste una regola precisa, solitamente diventano più deboli quando si trovano tra le consonanti ch, f, h, k, p, s, sh, t e ts.
Il suono u è leggermente diverso dall’italiano, spesso sembra appena accennato, in altri casi invece sparisce del tutto come nelle parole 学生・がくせい e 好き・すき. Prova a confrontare le pronunce di 好き・すき (suki) e 素敵・すてき (suteki), senti come cambia la u?
La い sparisce meno spesso all’interno delle parole (alcuni esempi sono 明日 ashta e 試験 shken), mentre in altri casi la vocale si sentirà di più.
Tutte le vocali vengono pronunciate chiaramente se si tratta di vocali allungate, comprese la i e la u. Nella parola 数学者・すうがくしゃ (suugakusha) possiamo sentire due u differenti: in すう verrà pronunciata prolungata, in く non si sentirà neanche la presenza della vocale. Notare che in 数学・すうがく (suugaku) la u di く si sente di più rispetto alla parola precedente.
Ci sono parole in cui la vocale viene eliminata del tutto o è appena accennata, altre volte invece si sente bene. Questo dipende da parola a parola e dal contesto, non resta che imparare ogni caso ed esercitarti tantissimo nell’ascolto (e magari anche nel parlato).
Consonanti
Anche le consonanti sono molto simili a quelle italiane, ma vediamo meglio qualche suono particolare.
- s: è sorda come nella parola sasso
- h: viene pronunciata leggermente aspirata, come in inglese
- f: è leggermente aspirata (una via di mezzo tra le lettere h e f)
- y: si legge come la i in italiano
- r: è una via di mezzo tra la r e la l
- ch: al contrario dell’italiano è una c dolce, quindi chi si pronuncia come ci di ciao
- sh: si pronuncia come sc di sciare
- j: si pronuncia come una g dolce, per esempio come la g di gioco
- g: la pronuncia è sempre dura, per cui gi viene letto come ghi di ghiro
- z: viene pronunciata dolce. È la s sonora della parola “chiesa”
Nota pronuncia particelle: la particella dell’argomento は si legge sempre wa, la particella を si legge o, la particella へ si legge e.
E ん invece? Si pronuncia come l’italiano, solo che abbiamo detto che conta come una mora. 範囲・はんい (han’i) e 雰囲気・ふんいき (fun’iki) non vengono pronunciati はに e ふにき, ma vengono pronunciati come han-i e fun-iki, come se arrivati alla n ci fosse una pausa, quasi come se fosse stata tagliata una vocale. Conta la ん come una sillaba e non avrai problemi a pronunciare ん+ vocale in modo differente rispetto le altre sillabe な na, ね ne, に ni, の no, ぬ nu.
Le sillabe vanno pronunciate chiaramente anche quando la i è seguita da una sillaba con y. 病院・びょういん (byouin) e 美容院・びよういん (biyouin) sembrano molto simili, eppure la pronuncia è leggermente diversa. La prima parola ha 4 more (byo-u-i-n), la seconda 5 (bi-yo-u-i-n), vengono pronunciate rispettivamente byooin e bi-yooin. Non dimenticare di pronunciare quella i in più, sono due parole completamente diverse.
Accenno al pitch accent
Anche se non è così importante da conoscere alla perfezione il pitch accent, un breve accenno non fa male, soprattutto se poi hai intenzione di parlare in giapponese. La pronuncia giapponese non è così difficile, è molto simile alla pronuncia italiana, ma ciò che si sbaglia spesso è l’accento. Ogni parola giapponese ha delle sillabe che vengono pronunciate con un tono basso o un tono alto, cioè modificando il tono della propria voce.
L’esempio più classico del pitch accent è 箸 e 橋, bacchette e ponte. Entrambe le parole si leggono はし (hashi), ma il tono alto (segnato in grassetto) cade su more diverse:
- 箸 はし sulla prima mora
- 橋 はし sulla seconda mora
Altri esempi:
- Pioggia 雨 あめ (ame) sulla prima mora
- Caramella 飴 あめ (ame) sulla seconda mora
- Adesso 今 いま (ima) sulla prima mora
- Soggiorno 居間 いま (ima) sulla seconda mora
Se poi sono seguite da una particella (は, が, ecc.), anche quest’ultima prende un tono basso o un tono alto a seconda delle parole. Non è facile, ma a forza di ascoltare e ripetere non avrai problemi a capire gli accenti, non c’è bisogno di conoscerli a memoria.
In qualche dizionario, ad esempio Weblio, viene segnato attraverso un numero il tipo di accento. Questo numero indica dove si trova l’ultima mora alta all’interno della parola. Considera la prima mora come bassa (a meno che non cada la mora alta, 1 nel dizionario) e conta le altre more come alte fino al numero indicato.Tutte le altre more, dopo quelle alte, sono basse.
- 0 – La prima mora è bassa, tutte le altre sono alte.
- 1 – La mora alta cade all’inizio, tutte le altre sono basse.
- 2 – La seconda mora è alta, le altre sono basse.
- 3 – La prima è bassa, fino alla terza sono alte, poi di nuovo basse.
- 4 – A parte la prima mora, fino alla quarta mora sono tutte alte.
Non fartene un problema a conoscere esattamente i toni di ogni parola. Se vuoi approfondire il tema dell’accento su questo sito trovi ancora diversi esempi, peccato per la mancanza di audio!
Sapevi già come funziona la pronuncia giapponese? Spero che questo articolo ti sia stato utile per approfondire questo aspetto della lingua.
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Fonti: Wikibooks, An Introduction to Japanese Pronunciation, Libro にほんご発音アクティビティ
Immagine: pictureorpictures
11 commenti
19 Febbraio 2014
Molto interessante!
La questione delle morae è in effetti molto curiosa, e anche affine al latino, al greco antico e al sanscrito, in cui la lunghezza delle vocali contava.
Immaginavo che ん e っ valessero una mora ciascuno, non per niente nelle canzoni degli anime valgono sempre come una sillaba!
Vi viene un dubbio, però: mi pare di aver sentito molte canzoni in cui ‘ga’ e simili sono pronunciate più come ‘nga’ senza g… cioè, come se la ‘g’ rimanesse in bocca… E’ difficile da spiegare a chi studia giapponese, ma è come la finale ‘-ng’ in cinese… forse c’è una cosa simile in coreano. Insomma, la pronuncia ‘nga’ è regionale o cosa?
20 Febbraio 2014
Non riesco a capire bene quello che intendi, comunque per la pronuncia è meglio non prendere in considerazione le canzoni perché spesso le parole vengono pronunciate in modo differente rispetto al parlato. Per esempio a 明日 vengono sempre scandite bene le sillabe in modo che venga letto ashita e non ashta come nel parlato.
20 Febbraio 2014
Interessante! In effetti ci vuole un po’ di pratica (come tutte le cose) e dopo un po’ non ci si fa neanche più caso ad い ed う che vengono quasi rimossi dalle parole. Come ad esempio 宿題, che ho sempre sentito pronunciare shkudai.
Ho però un dubbio su ですね: in molti う la eliminano, altri invece la pronunciano normalmente.
21 Febbraio 2014
Normalmente in です (così come in ます) la u non si sente, però ci sono dei casi in cui viene pronunciata distintamente, per scandire bene le sillabe ed enfatizzare di più. Mi è capitato di sentirlo spesso negli anime dalle ragazze per sembrare ancora “più kawaii”.
Comunque “senza la u” è molto più comune.
24 Febbraio 2014
Molto interessante, grazie mille :)
29 Luglio 2016
Sono un novello appena arrivato e ti ringrazio qui per tutti gli articoli che ho letto e che ho trovato sempre interessanti.
Mi stavo chiedendo come mai in tutti i siti e blog che parlano di questa meravigliosa lingua, non si faccia ricorso ad un alfabeto fonetico anche semplificato invece di arabbattarsi con i romanji… “chi” la cui pronuncia viene indicata con un digrafo opinabile “ci” e si pronuncia come affricata palatale /ći/; “ki” la cui pronuncia viene indicata con ii trigrafo “chi” e si pronuncia velare /ki/ o /ċi/; altre come “fu” che si capirebbe meglio derivare dall’aspirata /h/ se trascritta almeno /թu/ senza doverla chiamare “fricativa lenificata” ;-p
Insomma intendevo dire che, senza dover imparare anche uno dei numerosia di alfabeti fofonetici, è comunque ingarbugliante far riferimento a grafemi incrociati per una lingua che non solo ha simboli diversi ma ha un sistema alfabetico sillabico e suoni parzialmente diversi dall’italiano. Scusa la prolissità. Mi piacerebbe avere la tua opinione. Grazie per tutto il tuo lavoro. Silvio.
29 Luglio 2016
Ciao Silvio, hai ragione, ma è più semplice così per la maggior parte della gente che non conosce l’alfabeto fonetico internazionale. Pur essendo la mia (e quella di altri) una trascrizione non completamente esatta, comunque di avvicina molto a quella giapponese. Per fortuna è una lingua dalla pronuncia semplice, ben diversa da quella inglese o da quella coreana che hanno suoni con lievissime differenze, quindi non credo sia così indispensabile sapere l’esatto simbolo dell’IPA.
Comunque ricordo sempre che è importantissimo sentire la pronuncia da qualche parte, indipendentemente dall’uso o meno del romaji, dell’alfabeto fonetico internazionale e così via.
Se ti può essere utile Wikipedia ha una pagina dedicata alla pronuncia giapponese.
29 Luglio 2016
Hai ragione. È una deformazione da linguista. L’IPA poi è allucinante… A tal proposito però avevo bisogno di chiederti un paio di cose. Se non è questo il luogo, fammi sapere e le prossime volte scrivo in privato.
rileggerò il link a wikipedia che ci hai mandato ma non sono riuscito a dirimere.
Per quanto riguarda la consonante “z” scrivi che “viene pronunciata dolce, non dura come la z di zona”, ma “z” di “zona” (pronuncia IPA: /’dzɔna// – opp. piú sempl. /źona/) è già la sonora di “z” di “zucca” (IPA: /’tsukka/ o /żukka/).
Intendi forse: “s” sonora di “fuso” (IPA: /’fuso/ o /’fuzo/)?
Non mandarmi a quel paese; proprio non mi ci raccapezzo.
Nei segni composti come びゃ etc tu scrivi “bya” e non capisco se si tratta di qualcosa di simile ad una semiconsonante /j/ tipo quella presente nei dittonghi italiani (ad es. in “bianco” pronuncia /bjanko/)
Non mi avventuro per ora sulla “r” perche non ce la ppsso fare…
Grazie.s
29 Luglio 2016
Il suono della “z” è più simile a una fusione tra s e z, simile quindi alla s sonora italiana.
L’esempio che hai fatto con びゃ è proprio come come bia di bianco in italiano, e credo si possa applicare anche agli altri suoni simili.
È più facile imparare questi suoni ascoltandoli piuttosto che spiegarli, per questo tendo a semplificare un po’ troppo le spiegazioni sulla pronuncia!
29 Luglio 2016
Grazie, Federica! Mi metto sotto: la mia terza decina do minuti oggi ;)
18 Settembre 2020
フェデリカさん、今日は!初めまして。(Federica, buon giorno! Piacere.)
どうもありがとうございます。(Mille grazie.)
Il tuo sito e la tua pagina o gruppo, non ricordo, su Facebook è molto simpatico, utile e semplifica opportunamente le cose soprattutto per chi deve affrontare, soprattutto da autodidatta, lo studio d’una lingua così complessa e affascinante come quella nipponica.
In effetti gli aspetti da padroneggiare sono davvero molti: grammatica (ortoepia, accento tonico e intonazione, ortografia in kana – hiragana e katakana + qualcue migliaio di kanji, morfologia – verbi e aggettivi in -i-, classificatori, numeri, e sintassi), lessico, stili (formale, informale e neutro) e livelli (umile, mediano e onorifico)…
E le pubblicazioni, ancora esistenti soprattutto in inglese, oltre che, ovviamente, in giapponese, sono una marea e ricoprono moolti aspetti, tralasciandone altri: all’inizio c’è da naufragare, ma non dolcemente, in questo mare…
Io iniziai lo studio del giapponese, poi del cinese, da autodidatta, nei primi o secondi, non ricordo benissimo, anni Settanta, mentre seguivo, lavorando in banca, poi in banca e in editoria, mentre seguivo i corsi di lingue e letterature europee moderne dell’università IULM, di Milano (inglese e tedesco), a seguito dello studio di due poeti, letterati e orientalisti statunitensi (Olson e Snyder), sui quali, verso il III anno, avevo deciso di dare la tesi in Letteratura Anglo-Americana.
Poi, durante gli anni Ottanta, m’iscrissi all’IsMEO di Milano, seguendo il corso per Interpreti di giapponese, ma frequentando anche lezioni di cinese (soprattutto un corso specifico sull’analisi degli ideogrammi e sui radicali, tenuto da un professore cinese, di cui comprai e studiai anche il formidabile testo ‘Analisi degli ideogrammi’).
Arrivai all’ammissiojne al III anno, poi abbandonai per motivi vari, sbagliando, come nel caso dell’abbandono, per passare ad altre facoltà, dello IULM, non laureandomi né diplomandomi.
Solo recentemente, anche per un progetto di metavillaggi multiscopo a qualità totale sia virtuali che locali, ripresi, dal 2007, specialmente gli studi orientalistici, da autodidatta, per vari motivi.
Facendo oggi una ricerca sull’accento e intonazione giapponesi, ho trovato il tuo sito.
Ci vorrrebbe un’associazione di autodidatti di orientalistica, ORIENTARVM…